Angelico Spinillo (Sant’Arsenio, 1909 - Firenze, 1986). Religioso domenicano, pittore, giornalista e critico d’arte. Giovanissimo si trasferì a Firenze per essere accolto nell'ordine domenicano. Terminati gli studi classici a San Miniato e a San Domenico di Fiesole e dopo aver frequentato il corso di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote. Incline alle arti figurative, si cimentò fin da subito con le grandi tavole e con l'affresco murale, tanto da divenirne esperto. Per questa sua inclinazione e per l'indissolubile legame alla sua missione apostolica, egli volle assumere il nome di Angelico. Il suo riferimento al Beato Angelico è stato estremamente personale: infatti la sua vita da domenicano la trascorse quasi per intero nel Convento di San Marco in Firenze, vivendo nei luoghi dove visse ed operò fra' Giovanni da Fiesole, finanche utilizzando lo stesso studio del grande Beato pittore. Discepolo di Baccio Maria Bacci, Angelico ha preferito essere un paesaggista. Pittore tra i frati, frate tra i pittori, è stato a contatto con i più grandi artisti del tempo, meritando la stima e l’amicizia di grandi personaggi della cultura italiana della levatura di Annigoni, Guttuso, Rosai, La Pira, Paloscia, Bargellini, Berti, Dupré, Zeffirelli e altri. È stato, oltre che pittore, anche giornalista e critico d’arte de “L’Avvenire”, collaboratore dell’Istituto Geografico Militare, Presidente della Società delle Belle Arti "Casa di Dante" e fondatore del Centro Culturale di Arte Moderna. La sua fama è ancora oggi legata all’infaticabile attività di divulgatore della cultura figurativa e alle mostre da lui allestite in Firenze per i grandi artisti contemporanei. Le sue opere pittoriche principali, ancora oggi oggetto di ammirazione per la grande spiritualità in esse contenuta, sono visibili in Firenze, Livorno, Siena, Messina, Atene e Sant’Arsenio. Nell’ultimo decennio della sua esistenza, l’affetto mai sopito per il suo paese natio lo spinse ad organizzare delle mostre di pittura all’aperto, coinvolgendo molti giovani artisti, allo scopo di diffondere, anche nella sua terra d’origine, la passione per l’arte. La sua importante raccolta di opere dei più famosi pittori italiani del ‘900 è conservata nel Convento di San Marco in Firenze.

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Lucy e lo zio Angelico a Sant'Arsenio |
Alcuni dipinti di padre Angelico Spinillo
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Paesaggi toscani |
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Madonne |
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Ritratto di Lucy |
Si sono
interessati a lui:
BACCIO M. BACCI:
La pittura è una occupazione che
si fa, ormai, rarissimamente con i pennelli, così lo stacco, l'abisso che c'è
fra il modo di oggi e quello di qualche lustro fa, è incolmabile. Tutti ci
dobbiamo persuadere che addietro non si torna, come addietro non si è mai
tornati.
Già più di mezzo secolo fa, il
profeta dell'arte attuale, un sensibile e fantastico poeta, Apollinare,
scriveva che si può fare della pittura con un colletto inamidato, attaccandolo
alla tela o alla tavola. A rigor di termini anche questa sarebbe preistoria; ma
…
Il fatto è che chi dipinge oggi
coi pennelli appartiene ai “matusa”, anzi ai “pompieri-matusa”. Consci di
appartenere alla notte dei tempi, mi è grato dare la mano al P. Angelico
Spinillo e presentarlo, benché non abbia bisogno di presentazione.
Questi quadri che egli espone,
dicono la sua intuizione di poeta del nostro mondo toscano, vista da uno che,
nato sotto cieli più intensi e terre più aspre e severe, è divenuto ormai uno dei
nostri.
Il pubblico che si occupa delle
cose dell'arte conosce da un pezzo e segue, la produzione di questo Frate
pittore seriamente impegnato nel suo lavoro e che ha trovato in questi anni di
esperienza, sempre più efficace, il suo modo.
Io credo che alla produzione di
un artista giovi il raccoglimento e la solitudine, naturalmente non una
solitudine ovattata di ignoranza di ciò che accade nel campo nostro dell'arte,
ma per realizzare è necessario concentrarsi.
Padre Spinillo sta in San Marco a
Firenze, si direbbe un ambiente annichilante per chi voglia dipingere, ma chi
si è potuto raccogliere e lavorare tra quelle mura, sa che c'è, riflessa da
quelle pareti bianche e quella pietra serena, una atmosfera di incantata umiltà
che non opprime, anzi rasserena.
Nel riflesso di quell'atmosfera
luminosa sono nati così questi quadri, che dicono come sente questo nostro
mondo toscano.
La familiare visione dei mansueti
orizzonti, delle mura casalinghe, dei campi, dei filari di viti, degli alti
cipressi, torna come tematica consueta nei suoi quadri, ma sempre sentita e
come rinnovata per un approfondimento ed una scoperta che P. Spinillo fa,
piuttosto che per una ricognizione sul vero, per un approfondimento che nasce
dall'anima ed eccita la fantasia.
Dolce Toscana, chiusa e nitida,
terra del Fattori e del Sereni, del Soffici, per citare soltanto gli ultimi
suoi poeti, anche P. Spinillo ha trovato un suo modo, sincero, per cantarla.
Accanto a questa produzione,
bisogna osservare l'efficacia di questi studi, che sufficienti per se stessi,
sono anche la testimonianza di una aspirazione generosa e di un arduo assunto e
la prova con cui il nostro pittore intende tener fede a quella verità che lo
ispira, lo modera e lo guida.
PIERO BARGELLINI:
Non si vive tra le mura del
convento fiorentino di san Marco senza essere tentati dalla pittura. Tentati in
senso buono, cioè nel sentimento del beato Angelico …
Padre Spinillo ha voluto
riprendere il nome del suo confratello pittore per seguirne l'esempio, con una
pittura onesta e pulita, scevra di lenocini stilistici e d'allettamenti
sensuali.
E' partito dalla natura con un
senso realistico quasi spietato.
Ricordo i suoi primi quadri
fortemente chiaroscurati e quasi aridi, e la sua prima iconografia maschia e
solenne.
Ora si è sciolto senza però
sfarsi, e la sua pittura ha acquisito di dolcezza senza perdere di forza. Frate
del convento fiorentino di san Marco, erede in qualche modo del beato Angelico,
Padre Spinillo però non ha mai dipinto alla beato Angelico, cioè non è stato un
imitatore neppure nei temi religiosi. Da buon domenicano, non ha voluto
cominciare dalla “grazia” (che in questo caso sarebbe stata “maniera”), ma
dalla natura sulla quale la grazia fiorisce come rosa sul pruno.
E' avvenuto così, che dal duro
boccio giovanile, l'arte del Padre Spinillo si è aperta con i petali della
primavera spirituale, spirante in ogni stagione del chiostro fiorentino di san
Marco.
GIORGIO LA
PIRA:
Certo è questo: le pitture di P. Spinillo portano
e trasmettono tutte un messaggio, vorrei dire "claustrale", un
messaggio di elevazione interiore. Le campagne solitarie, le case e gli alberi
stessi e gli stessi cipressi solitari - mistero d'una verticale - sono tutti
con la loro "dialettica dei valori cromatici fondamentali", il bianco
e il nero, portatori e trasmettitori di un messaggio che investe l'anima di chi
li osserva.
Sono davvero - tutte queste case, queste
campagne, questi alberi - scala interiore che fa salire verso una cima di
grande silenzio dove l'anima trova in Dio il suo raccoglimento e la sua pace.
Anche le figure, specie quelle di piccolo
formato, che raccontano i misteri fondamentali di Cristo, della Vergine, non si
sottraggono a questo messaggio.
Ecco in che senso la pittura di P. Spinillo è
portatrice di un messaggio: essa è fiorita nei chiostri di San Marco, sotto la
luce di uno dei più grandi pittori - contemplatori del cielo -: Beato Angelico.
Bisogna oggi ridirlo: la pittura altra finalità
ultima non ha: trascrivere, interpretando la realtà che la circonda per
esprimere il messaggio di Dio.
Dante a ragione diceva: "Sì che vostr'arte a Dio
quasi è nepote", perché la natura rispecchia "il modello" di Dio
e l'arte a sua volta è specchio di questo "modellato".
Queste "trascrizioni" hanno compiuto i
più grandi pittori.
A questo "tipo contemplativo"
appartiene la pittura di P. Spinillo: soggetti semplici, vivi, dipinti con
rapidità di tratti che contribuiscono a renderci più sereni. Il suo discorso è
sincero ed attuale e quindi valido.
Nella civiltà nuova del mondo "scientifica e
tecnica” l'arte di tipo contemplativo è destinata, in tutto il mondo, ad una
grande rifioritura.
G. MADIONI:
Trovarsi di fronte ai personaggi
di Padre Spinillo è un po' come respirare a pieni polmoni l'aria di casa
nostra, quella buon'aria di campagna mossa da un leggero vento di estate,
pregna di odori di bosco, di grano appena segato, di fieno, di stalla, che a un
certo punto ristagna e lascia il posto a quel caldo e silenzio propri delle
assolate aie dei cascinali toscani, che trovano refrigerio nella vegetazione di
cui sono circondate.
C'è nella pittura di Padre
Spinillo una contemplazione mistica della natura che ci circonda, una
contemplazione che non riguarda in particolare la vita dell'uomo, ma che riesce
a carpire il segreto e lento “movimento” della natura. E' un mondo vivo,
pulito, sereno, senza grossi problemi, un mondo che sembra offrire tutto a
tutti con la stessa generosità del suo Creatore e di fronte a questo mondo non
si può che provare un senso di riposo, soddisfazione, gioia di vivere. Una
pittura, quella dell'artista domenicano, essenziale, fatta di pochi e semplici
ma decisi tratti, senza alcuna ricerca cerebrale, con colori che pur rivelando
una interpretazione personale delle cose vedute e sentite, riescono tuttavia ad
essere fedeli alla realtà.
Vogliamo dire che in qualche cosa
la paesaggistica di questo valente artista pecca di ingenuità? Un'analisi più approfondita delle opere di
padre Spinillo potrebbe anche suscitare tale ipotesi. Ma poi ci accorgiamo che
più di ingenuità si deve parlare di sincerità, una sincerità grandissima, che
appunto perché non scalfita né influenzata minimamente da problemi di carattere
intellettuale, permette al colore di fluire nelle tele di “getto” senza ripensamenti,
dando vita alle cose vedute in tutta la loro semplicità.
Abbiamo pure veduto un Padre
Spinillo moderno all'eccesso, con alcune composizioni di pittura astratta che
hanno più un sapore polemico che altro ma che dimostrano come l'artista riesca
a fare cose egregie anche quando il ragionamento, l'introspezione, lo studio
analitico si sostituisce agli slanci sinceri.
Noi preferiamo Padre Spinillo
figurativo anche perché riteniamo questo genere di pittura quello che in fondo
riscuote ancor oggi i consensi della maggioranza degli appassionati d'arte e
che la stessa critica è tornata ad apprezzare dopo un periodo opaco dominato da
uno spiccato “modismo” e cattivo gusto.
Dimenticavamo di parlare delle
“figure” di Padre Spinillo, e proprio in questo campo il domenicano riesce ad
esprimere forse il meglio di sé. Le sue figure sono semplici, non
particolareggiate, ma tutte riescono a darci evidente l'impressione di una vita
che palpita, di un qualcosa di umano anche quando i soggetti presentati sono
dei Santi.
C'è forse in Padre Spinillo la
volontà di voler rendere più leggero l'uomo dal peso del suo corpo, libero
dalle passioni, ma non sempre si riesce forse proprio perché la sua è una
pittura viva, sentita con cuore umano; ma questo costituisce anche il maggior pregio
di questa figurativa che altrimenti potrebbe essere un ricalco freddo e statico
di opere già esistenti.
Concludendo un artista di
indubbio valore che dovrebbe convincere come e quanto la pittura può
contribuire a renderci più sereni, in pace con noi e con il mondo che ci
circonda.
PRIMO
PASSINI:
Dalla pittura di P. Angelico Spinillo sembra
ormai sia stato detto tutto ed eloquentemente: sono numerosi i critici che
hanno scritto sulla sua arte. P. Spinillo è pittore vero; le sue opere scavano
nel sentimento ed esaltano la fantasia. I suoi dipinti sembrano emergere dal
più profondo della coscienza di ognuno di noi per librarsi negli altri tersi
cieli della poesia.
Salernitano che vive a Firenze nel Convento di
San Marco, Spinillo ha ben assimilato l’esempio e l’opera del suo grande
confratello: il Beato Angelico.
E nel silenzio del chiostro
cerca l'ispirazione che lo impegna. Così dal suo pennello traggono vita quelle
deliziose Madonne, quei Cristi forti e possenti, quelle sacre rappresentazioni
soffuse di misticismo e traboccanti di quell'intenso soave sentimento che le
rende dispensatrici di spiritualità. Poi ci sono i “pesaggi”: uno dei temi
preferiti da P. Spinillo.
I “paesaggi” toscani, o meglio delle colline che
circondano Firenze: sono colori intensi, profondi, luminosi anche là dove il
pennello si fa cupo. Il segno non scompare mai, anzi alle volte si fa
tagliente, acuto come lama d'acciaio che affonda nella tela mentre l'opera
s'irradia di luci nel suo continuo farsi colore, nuovo, diverso, sicuro nelle
note più calde e pastose: sicuro come il paesaggio che si ricostruisce in una
sua realtà mai fantastica e arbitraria. Si avverte insomma un'aura cromatica,
stemperata in nitidezza ed in fissità limpidissime che urgono ad una sempre
maggiore semplificazione pur nei contrasti del colore. L'atmosfera, la luce
sono infuse di toni essenzialmente statici, quasi di orizzonti e terre lontani
che hanno il potere di allargare in limpidi toni e chiaro il linguaggio, il
respiro e l'atmosfera del quadro.
Una pittura quindi che ha trovato modi e toni
propriamente suoi; è un “paesaggio” quindi di proprietà di P. Spinillo, e di
nessun altro, trattato con un'abilità di animo e di mestiere che non si
esibisce mai e che pertanto non si dissocia né si distingue dalla sensibilità
coloristica e dall'intima poesia della visione.
FRANCO ZEFFIRELLI
(Autobiografia p. 39):
Sono cresciuto come cattolico:
vivevo la religione come una cosa pressoché scontata, e servivo perfino Messa a
San Marco. I miei amici e io ci annoiavamo mortalmente alle marce, durante i
discorsi senza fine degli istruttori fascisti; discorsi di cui capivamo ben
poco, perché ben poco c'era da capire. Preferivamo il circolo cattolico
organizzato dai frati nel convento di San Marco, con gli antichi chiostri dove
finivamo per giocare a pallone e a pingpong, uno sport che amo ancora adesso.
La nostra attività preferita erano le gite in bicicletta, il fine settimana; i
frati sollevavano la tonaca e pedalavano insieme a noi verso le colline lungo
la Valle dell'Arno. D'estate facevamo gite di diversi giorni, arrivando fino a
Siena e Arezzo, dormendo nei conventi domenicani. Al confronto, i fascisti ci
sembravano dei grigi e antipatici rompiscatole.
Il circolo cattolico ci offriva
poi un'altra grande attrazione: un piccolo gruppo teatrale, naturalmente
soltanto maschile, che rappresentava nelle varie sale parrocchiali spettacoli a
tema storico o biblico. E' probabile che siano stati proprio questi primi
vagiti a suggerire, più tardi, le mie scelte.
L'ordine domenicano ha sempre
avuto una nobile tradizione di arte e cultura, e la maggior parte dei frati
erano uomini estremamente colti. C'erano degli artisti tra loro e uno in
particolare, padre Spinillo, aveva l'incarico di sovrintendere alla nostra
associazione giovanile. Era un pittore piuttosto esperto e aveva trasformato
una soffitta del convento in uno studio dove andavamo frequentemente per
imparare a dipingere.